martedì 8 aprile 2014

Gita:Visita culturale a Santa Maria Capua Vetere e Sant’Angelo in Formis (Caserta)


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Capua (antica)
L'antico Anfiteatro Capuano
L'antico Anfiteatro Capuano
Civiltàetrusca e romana
EpocaIX secolo a.C.-IX secolo
Localizzazione
StatoItalia Italia
ProvinciaCaserta Caserta
Capua (in osco KAPU.svg, in latino Capŭa, in greco Καπύη), oggi indicata con Capua antica o Capua arcaica per evitare ambiguità, è stata una città sorta nel IX secolo a.C. sul luogo dell'attuale comune campano di Santa Maria Capua Vetere.
La città era considerata una delle più grandi città dell'Italia antica, dopo Roma. Fondata, secondo Strabone, dagli Etruschi nel primo quarto del V secolo a.C.,[1] si trovava sulla via Appia[2] ed era la più importante città della zona[3].
Con una storia di oltre ventotto secoli è stata città oscaetruscasannita e romana, divenendo, nel periodo di massimo splendore, una delle città più grandi del mondo.
Dopo la distruzione e il saccheggio da parte dei Saraceni nel IX secolo, la popolazione si è trasferita a Casilinum fondando laCapua moderna.

Fondazione ed epoca etrusco-osca[modifica | modifica sorgente]


Menelao uccide Paridekylix attico a figure rosseMuseo del Louvre490-460 a.C.
Mentre i reperti archeologici testimoniano popolazioni stanziate sul territorio della Capua antica già a partire dal IX secolo a.C., l'anno preciso della sua fondazione e il nome del suo fondatore sono stati nel corso dei secoli materia di discussione e ancora oggi la questione non vede d'accordo tutti gli storici.
Tra gli autori più antichi, Catone nelle Origines vuole Capua fondata 260 anni prima della sua conquista da parte dei romani mentreVelleio Patercolo la vuole fondata nell'800 a.C.
Per giustificare tale differenza tra le date, alcuni storici, come Karl Julius Beloch[4] prima e Hermann Peter[5] e Martin Schanz[6] dopo, suggeriscono che Catone non si riferisse alla presa di Capua durante la seconda guerra punica ma invece all'occupazione del 338 a.C. in seguito alla ribellione dei Latini o a quella del 314 a.C. durante la seconda guerra sannitica.[7] Di conseguenza sia il Belochche Jacques Heurgon hanno suggerito date intermedie alle due fornite (600 a.C. il primo, 525 a.C. il secondo).
Una spiegazione più verosimile e comunemente accettata comunque è che Catone si riferisse non alla fondazione di Capua ex nihilo, ma ad una sua rifondazione, cioè ad una ristrutturazione tale da cambiarla radicalmente.[8] Una tale spiegazione rende valido quanto riportato da Catone e non contrasta con la data fornita da Velleio Patercolo, che risulta inoltre avvalorata dalle testimonianze archeologiche.
Quindi Capua esisteva già da secoli e subì, nel corso del V secolo a.C. circa, una profonda ristrutturazione che le diede un nuovo assetto urbano sotto l'impulso della presenza dominante etrusca. Nel corso del V sec. a.C. le popolazioni di lingua osca delle zone interne della Campania, spinte dalle prospettive economiche positive offerte dalla città, vi trovano posto come manodopera servile, in un primo tempo sottoposta all’elemento etrusco dominante, che nel 438 a.C. concesse loro il diritto di cittadinanza (a quest'annoDiodoro Siculo fa risalire la costituzione del popolo dei Campani).[9]
Con il declino etrusco però (alla fine del IV secolo a.C.), le tribù osche raggiunsero una posizione di predominio, prendendo Capua nel 425 e successivamente Nola e la colonia greca di Posidonia. Capua si pose così in quest'epoca a capo di una lega campana. [10]

Conquista romana[modifica | modifica sorgente]

Oncia (216-211 a.C.)
Capua Æ Uncia 590024.png
Busto di Diana, arco e faretra sopra la spalla sinistra.Cinghiale a destra; in alto punto (indicazione di valore). In esergo KAPU.svg(KAPU), in alfabeto osco.
Æ, 7,09 g
Nel IV secolo a.C., quando era probabilmente la più grande città d'Italia, divenne oggetto delle mire dei Sanniti che la posero sotto assedio, e contestualmente venne coinvolta nel processo di espansione di Roma: Capua infatti inviò un'ambasceria ai romani chiedendone la protezione[11], ma il Senato romano, che aveva in precedenza stipulato un trattato di non belligeranza con i Sanniti, fu costretto a respingere tale proposta[12].
Gli ambasciatori della città campana, mossi dalla disperazione, decisero allora di consegnare l'intera città, i suoi abitanti, i campi, gli averi e ogni loro cosa, nelle mani di Roma (deditio), in modo da costringerla ad impegnarsi moralmente nella sua difesa dall'aggressore sannita. In questo modo la città diventava romana ed obbligava Roma ad accettare di intervenire in sua difesa[13], dando inizio alla prima guerra sannita[14]. Sconfitta nel conflitto iniziato nel 343 a.C., nel 338 a.C. decide di allearsi con Roma ottenendo il rango di civitas sine suffragio.
Nel corso del III sec. a.C. la città faceva capo alla tribù Falerna, rimanendo fedele a Roma, alla quale dal312 a.C. fu messa in collegamento diretto tramite la via Appia. A lungo riluttante al dominio romano, poté tuttavia conservare le proprie istituzioni, la propria lingua e i propri costumi ma sempre sotto la soggezione capitolina, cosicché in seguito alla sconfitta di Canne la fazione popolare inclinò verso Annibale offrendo rifugio e rifornimenti alle sue truppe nel 213-211 a.C.

Seconda guerra punica[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi seconda guerra punica.
Durante la seconda guerra punica, divenne uno degli avamposti privilegiati di Annibale: l'esercito cartaginese occupò la città e la fece diventare centro militare e politico da cui lanciare "scorrerie" nell'Italia meridionale, alla ricerca anche di alleati contro Roma (nella speranza di una successiva conquista della capitale). Durante quest'epoca (dal 216 al 211 a.C.) Capua batté autonomamente moneta, dando luogo a una propria particolare monetazione.
Capua, assieme a città come Atella, Calatia ed altre, passò così dalla parte dei Cartaginesi. Durante la presenza di Annibale, furono coniate una serie dimonete di bronzo. Annibale ed il suo esercito vi passarono l'inverno e il condottiero ne approfittò per portare avanti la parte politica della sua azione: furono i cosiddetti ozi di Capua che, secondo molti storici, indebolirono i soldati e sarebbero stati una delle cause della futura sconfitta cartaginese, in quanto avrebbero impedito di marciare subito direttamente su Roma. Classe dirigente e popolazione capuana appoggiarono la campagna di Annibale, poiché Capua era città troppo fiera per sottostare a Roma; la storia però volle che a vincere fossero i Romani.
Nel 212 e nel 211 a.C. Capua subì due lunghi assedi da parte dei Romani, dopodiché Annibale fu costretto, nel tentativo di alleggerire la pressione romana, a spingersi spinse con il proprio esercito fino a sotto le mura di Roma, nella zona di porta Collina, senza però riuscire ad espugnarla[15].
Dopo la partenza di Annibale, nel 211 a.C., la città fu definitivamente conquistata dai Romani e molti senatori Campani, inclusi quelli capuani, si tolsero la vita con il veleno piuttosto che cadere prigionieri nelle mani del nemico. Altri, nonostante il parere contrario del Senato romano, furono fatti uccidere da Gneo Fulvio a Cales e a Teanum[16].

Mitreo di Capua, TauroctoniaII secolo.
La città venne umiliata da Roma, che la ridusse a semplice prefettura privandola delle cariche magistratuali, del proprio senato e in definitiva dell'autonomia, divenendo un grosso deposito merci, da cui la definizione affibbiatale di "granaio di Roma". Il suo territorio fu espropriato e divenne parte dell'ager publicus, venendo venduto a cittadini romani. Di lì a poco tuttavia i terreni vennero recuperati dai maggiorenti capuani.

I tentativi di ridistribuzione dell'ager[modifica | modifica sorgente]

Già nel 173 a.C. gran parte della terra era tornata ai privati e per far fronte a questo il Senato inviò il console Lucio Postumio Albino per ridefinire i confini pubblici, e otto anni dopo il pretore Publio Cornelio Lentulo comprò i terreni privati, dividendo quelli pubblici in poderi. Nel130 a.C. infine una specifica commissione formata dai tresviri agris dandis iudicandis adsignandis Caio GraccoAppio Claudio e Licinio Crasso provvide all’identificazione e alla determinazione del territorio in centurie. Caio Gracco tentò senza successo anche di restituire i diritti civili alla città.[9]

La ripresa[modifica | modifica sorgente]

Nonostante tutto Capua visse un periodo di ripresa e poi di floridezza, diventando un importante città manifatturiera nel campo dei beni di lusso (profumi, bronzi, ceramiche,unguenti); i suoi mercanti spaziavano in tutto il mediterraneo e si insediarono nell'importante centro di Delo. La situazione economica favorevole si rispecchiava anche nell'espansione urbanistica, con la costruzione di un teatro su terrapieno, di un collegium mercatorum, di porticati e del più antico anfiteatro (precedente a quello imperiale), oltre al tempio di Giove Tifatino individuato nel 1996.[9] La città, così come l'intera Campania, fu tra le prime ad essere interessate da un forte processo di ellenizzazione già nel II secolo a.C., tanto che Cicerone dirà che presentava l'aspetto di un moderno centro ellenistico.[17]

Arco di Adriano a Capua.
Sopravvisse a una prima rivolta servile del 104 e alla guerra sociale dell’89 a.C., sostanzialmente indenne. Caio Mario e Lucio Cornelio Cinna operarono la deduzione di una colonia e nell'83 a.C. durante la guerra civile Silla vi sostò presso il santuario di Diana Tifatina, in attesa dello scontro con Gaio Norbano. Il suo anfiteatro fu il punto di partenza della rivolta guidata da Spartaco nel 73 a.C. Nel 59 a.C. fu ribattezzata Colonia Iulia Felix, quando Cesare ne distribuì l'agro a 20.000 coloni. Nel I secolo a.C. Cicerone durante la sua orazione De lege agraria (Contra Rullum), la definì altera Roma, ovvero "la seconda Roma", e arrivò a paragonarla a Cartagine e Corinto.[18] Infatti anche sotto il dominio romano, la città aveva una notevole importanza e fama anche al di fuori dell'Italia. Ausonio la elencò ottava fra le prime dieci città dell'Impero.[19][20]

Età imperiale[modifica | modifica sorgente]


L'indicazione della Capuae di età imperiale nella Tabula Peutingeriana.
Durante l’intera età imperiale Capua dovette perdere di centralità, e ciò sembra essere testimoniato dal silenzio delle fonti, anche se Augusto e poi Nerone vi operano la deduzione di nuove colonie. Con la guerra civile del 68-69Vespasiano la punì per aver parteggiato a favore di Vitellio, espropriandola del territorio delle Leboriae, dopodiché conobbe un momento di nuovo splendore a principio del II sec. d.C. quando Adriano la abbellì, dotandola di nuove statue, colonne e ornamenti di marmo a completamento dell’anfiteatro, che per dimensioni continuò a rimanere secondo solo al Colosseo, nonché di un arco trionfale.

Dal tardo-impero all'alto medioevo[modifica | modifica sorgente]

Resa da Costantino sede del Consularis Campaniae, nel 390 vi si svolse un sinodo presieduto da Ambrogiovescovo di Milano. La presenza cristiana fu molto precoce (la tradizione vuole che il cristianesimo vi giunse con l'apostolo Pietro), tanto che divenne importantesede vescovile già nei primi secoli. I vescovi capuani parteciparono ai primissimi concili per dirimere controversie religiose, tra cui si segnala quello di Arles (314) convocato da Costantino, cui prese parte il titolare Proterio.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente Capua fu devastata in parte, come altri centri dell'Italia, dalle invasioni visigote e vandaliche. Andò incontro a una tenue ripresa sotto la presenza ostrogota, durante il cui dominio il consolare Lampadio fece restaurare l’anfiteatro.[21] Con la guerra greco-gotica viene riconquistata dai romani orientali dopo il553, per poi divenire infine una contea del Ducato di Benevento sotto la presenza longobarda.

La distruzione della città e la Nuova Capua[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi CasilinumPrincipato di Capua e Capua.
Nel 841, nel corso di una lotta di successione nel ducato beneventano, Radelchi I assoldò una banda di saraceni nord-africani, comandata dal berbero Kalfun (divenuto poi primoemiro di Bari), contro Landone I, saccheggiando e distruggendo la città e costringendo la popolazione alla fuga.[22]
Dopo la distruzione, la popolazione (che da allora costituisce la prolungazione storica della Civitas Capuana) fuoriusciva dalla città in rovina e si rifugiava dapprima a Sicopoli, per poi collocarsi, dopo pochi anni (nell'856), su un'ansa del fiume Volturno, sul luogo dove aveva sede il porto fluviale romano di Casilinum.[22][23] Veniva così costituita la "Nuova Capua" corrispondente oggi al comune della provincia di Caserta, denominato appunto Capua.

La rinascita della Capua Vecchia[modifica | modifica sorgente]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi Santa Maria Maggiore (Capua) e Santa Maria Capua Vetere.
Dopo l'abbandono della popolazione del IX secolo, sul vecchio territorio di Capua non rimasero che degli insediamenti indipendenti.
Solo verso la fine del XVIII secolo questi si fusero insieme nel borgo di Santa Maria Maggiore, frazione della nuova Capua, che divenne nel 1861 comune autonomo e poco dopo cambiando nome divenne l'odierna Santa Maria Capua Vetere.

Personaggi[modifica | modifica sorgente]

Note[modifica | modifica sorgente]

  1. ^ StraboneGeografia, V (Italia), 4.3.
  2. ^ StraboneGeografia, VI (Italia), 3.7.
  3. ^ StraboneGeografia, V (Italia), 4.10.
  4. ^ Beloch 1890, pag.3
  5. ^ Peter 1897, vol. I pag.391
  6. ^ Schanz 1913, pag.258
  7. ^ Perna 2002, pagg.139-142
  8. ^ Bellelli 2006, pagg.119-122
  9. ^ a b c Valeria Sampaolo, L'Italia preromana. I siti etruschi: Capua, Enciclopedia Italiana - Il Mondo dell'Archeologia (2004), Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani
  10. ^ M. Pani, E. Todisco, Società e istituzioni di Roma antica, Carocci, Bari 2005, 3a ed., p. 9.
  11. ^ Tito LivioAb Urbe condita libri, VII, 29.
  12. ^ Tito Livio, ibidem, VII, 30.
  13. ^ Tito Livio, ib., VII, 31.
  14. ^ Tito Livio, ib., VII, 32.
  15. ^ Livio, ib., XXVI, 10, 1.
  16. ^ Livio, ib., XXVI, 13-15.
  17. ^ Cic., De lege agraria, II, 95
  18. ^ CiceroneDe lege agraria (Contra Rullum): ( disponibile onlineURL consultato il 30 gennaio 2009. )
    « [...] Tunc illud vexillum Campanae coloniae vehementer huic imperio timendum Capuam a xviris inferetur, tunc contra hanc Romam, communem patriam omnium nostrum, illa altera Roma quaeretur.
    [87] In id oppidum homines nefarie rem publicam vestram transferre conantur, quo in oppido maiores nostri nullam omnino rem publicam esse voluerunt, qui tris solum urbis in terris omnibus, Carthaginem, Corinthum, Capuam, statuerunt posse imperi gravitatem ac nomen sustinere. [...] »
  19. ^ AusonioOrdo nobilium urbium, 8, 16-18:
    « Illa potens opibusque valens, Roma altera quondam
    comere quae paribus potuit fastigia conis
    octavum reiecta locum vix paene tuetur. »
    (riportato in Quilici 2004, pag.65)
  20. ^ Quilici 2004, pag.65
  21. ^ CIL X, 3860
  22. ^ a b Clementina Carfora, Capua, Enciclopedia Italiana - Federiciana (2005), Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani
  23. ^ A. de Franciscis, Capua, Enciclopedia Italiana - Enciclopedia dell' Arte Antica (1959),Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

  • Vincenzo Bellelli, La tomba "principesca" dei Quattordici Ponti nel contesto di Capua arcaica, «L'ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2006. ISBN 978-88-8265-363-7.
  • Karl Julius BelochCampanien: Geschichte und Topographie des Antiken Neapel und seiner Umgebung, Breslavia, 1890.
  • Werner JohannowskyCapua antica, fotografie di Marialba Russo, Napoli, Banco di Napoli, 1989.
  • Werner Johannowsky, Materiali di età arcaica della Campania. Capua, Suessa Aurunca, Cales, Calatia, Napoli, 1983.
  • Jacques HeurgonRecherches sur l’histoire, la religion et la civilization de Capoue préromaine, Paris, 1942.
  • Raffaele Perna, Amelia Conte; L. Piacente, Poeti latini di Puglia: Livio Andronico, Orazio e altri scritti, Edipuglia srl, 2002. ISBN 978-88-7228-338-7.
  • Hermann Peter, Die geschichtliche Literatur über die römische Kaiserzeit bis Theodosius I und ihre Quellen, Lipsia, 1897.
  • Lorenzo Quilici, Comuni di Brezza, Capua, San Prisco, «L'ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2004. ISBN 978-88-8265-315-6.
  • Martin Schanz, Geschichte der Römischen Literatur, Monaco, 1913.
  • Angela Palmentieri, Su una chiave d'arco figurata dell'anfiteatro campano, 'Napoli Nobilissima. Rivista di arti, filologia, e storia, LXVII, 2010, pp. 60–65

Voci correlate[modifica | modifica sorgente]

Collegamenti esterni[modifica | modifica sorgente]

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Abbazia di Sant'Angelo in Formis
Facciata della Basilica di Sant'Angelo in Formis
Facciata della Basilica di Sant'Angelo in Formis
StatoItalia Italia
RegioneCampania
LocalitàCapua
Religionecattolicesimo
DiocesiArcidiocesi di Capua
ConsacrazioneVI secolo
Stile architettonicomisto longobardo eromanico
Inizio costruzioneVI secolo
CompletamentoXII secolo
Abbazia di Sant'Angelo in Formis
UtilizzoAbbazia
EpocaMedievale
Localizzazione
StatoItalia Italia
ComuneCapua

L'Abbazia di Sant'Angelo in Formis si trova in via Luigi Baia 120 a Sant'Angelo in Formis, frazione di Capua.

Storia[modifica | modifica sorgente]

La chiesa, dedicata a San Michele Arcangelo, sorge lungo il declivio occidentale del monte Tifata.
Inizialmente nei documenti l'edificio è indicato come ad arcum Dianae ("presso l'arco di Diana"), ricordando che sorgeva al di sopra dei resti del tempio dedicato a questa divinità, mentre successivamente ci si riferisce ad esso con le denominazioni ad Formas,Informis o in Formis. L'interpretazione etimologica della nuova denominazione è controversa: da una parte l'ipotesi è che derivi dal termine latino forma ("acquedotto"), e che stia ad indicare la vicinanza di un condotto o di una falda; mentre dall’altra il termine si considera derivato dalla parola informis ("senza forma", e quindi "spirituale").
I resti del tempio romano furono rinvenuti nel 1877, e si è notato che la basilica ne ripercorre il perimetro, aggiungendo le absidi al termine delle navate. La prima costruzione della basilica si può far risalire all’epocalongobarda, sulla base dell'ampia diffusione del culto dell'arcangelo Michele presso i Longobardi alla fine del VI secolo. Al tempo del vescovo di Capua Pietro I (925-938), la chiesa fu donata ai monaci di Montecassino, che volevano costruirvi un monastero. La chiesa fu poi tolta ai monaci e ridonata loro nel 1072 dal principe di CapuaRiccardo. L'allora abate Desiderio di Montecassino (il futuro papa Vittore III) decise di ricostruire la basilica (1072 - 1087) e ne rispettò ancora gli elementi architettonici di origine pagana. A lui si devono gli affreschi di scuola bizantino-campana che decorano l'interno e che costituiscono uno tra i più importanti e meglio conservati cicli pittorici dell'epoca nel sud Italia.
Al XII secolo sono stati attribuiti il rifacimento del portico antistante la chiesa, con nuovi affreschi, e una ricostruzione del campanile in seguito ad un crollo.

Architettura[modifica | modifica sorgente]

La facciata è preceduta da un porticato a cinque arcate ogivali, quella centrale più alta e realizzata con elementi marmorei di reimpiego. Le arcate sono sorrette da quattro fusti di colonna, due a destra in marmo cipollino e due a sinistra in granito grigio, con capitelli corinzi non pertinenti e diversi tra loro, e sorrette da altri elementi architettonici diversi riutilizzati in funzione di basi. Gli elementi di reimpiego provengono probabilmente da edifici facenti parte del santuario pagano. Sulla destra della facciata il campanile: presenta il basamento costruito con blocchi di reimpiego, disposti in modo regolare e vi è inserito un fregio con decorazioni zoomorfe, mentre il secondo piano è decorato da bifore.
Dal portico, a cui si accede con quattro gradini marmorei, si accede all'interno, a pianta basilicale, senza transetto, con tre navate, ciascuna delle quali termina in un'abside. Le colonne che dividono le navate, con fusti di diverse varietà di marmi e capitelli corinzi, sono ugualmente di riutilizzo da edifici di epoca romana.
In una miniatura che illustra i possedimenti dell'Abbazia di Montecassino, riferita alla donazione del 1072, la chiesa è rappresentata ad una sola navata e con il portico a tre archi, mentre il campanile si trova a sinistra della facciata. Nell'affresco dell'abside maggiore è raffigurato l'abate Desiderio che offre il modellino della chiesa: qui il campanile è ancora raffigurato a sinistra, ma l’edificio presenta tre navate. La miniatura dovrebbe quindi rappresentare la chiesa come era al momento della donazione di Riccardo, mentre l'affresco dell'abside raffigurerebbe i lavori fatti compiere da Desiderio di Montecassino. La posizione del campanile a sinistra, della chiesa, diversa da quella attuale, ha fatto ipotizzare una sua ricostruzione in seguito ad un crollo, probabilmente nell'ambito dei lavori condotti nel XII secolo.

Affreschi[modifica | modifica sorgente]

Il ciclo di affreschi è attribuibile alla ricostruzione della chiesa ad opera dell'abate Desiderio, come testimonia il suo ritratto nell'abside della chiesa con il nimbo quadrato (utilizzato per distinguere i personaggi viventi), mentre offre a Cristo il modello della chiesa, e l'epigrafe sul portale d'ingresso. La decorazione inoltre è confrontabile con miniature realizzate nello scriptorium dell'abbazia di Monte Cassino. Il programma decorativo occupa le navate, le absidi e la controfacciata.

Temi e disposizione[modifica | modifica sorgente]

  • Pareti della navata centrale: scene del Nuovo Testamento su due registri, tranne per la Crocifissione e l’Ascensione, che li occupano entrambi. Nei pennacchi delle arcate iProfeti (a sinistra: la Sibilla Persica o Eritrea; Davide, Salomone, Crocifisso (perduto), Osea, Sofonia, Daniele, Amos e un altro profeta perduto; a destra: Isaia, Ezechiele, Geremia, Michea, Balaam, Malachia, Zaccaria, Mosè, Abdia).
  • Pareti delle navate laterale: storie dell’Antico Testamento (molto danneggiato): rimangono quattordici scene, tratte dai libri della Genesi e dell'Esodo (Cacciata dei Protoparenti, le storie di Caino e Abele, le storie di Noè, quelle di Abramo e Isacco) e, infine, la storia di Gedeone, tratta dal libro dei Giudici. Al di sotto, medaglioni con i ritratti degli abati di Montecassino.
  • Controfacciata: Giudizio Universale.
  • Abside maggiore: Cristo in trono tra i quattro simboli degli Evangelisti, sotto i quali si trovano gli arcangeli (Michele, Gabriele e Raffaele) e alle estremità Desiderio e san Benedetto.
  • Abside minore sud: Vergine tra due Angeli.

Significato[modifica | modifica sorgente]


Ultima cena.
Le scene dell'Antico Testamento delle navate laterali e quelle del Nuovo Testamento nella navata centrale, costituiscono un insieme unico, il cui legame è sottolineato dalla presenza dei Profeti e rispondo alla volontà di esplicitare e dimostrare che l’Antico Testamento era nient’altro che il «Nuovo coperto di un velo», come affermavano i celebri versi di Sant’Agostino. Questo tema (la "Concordanza tra i Testamenti") si ritrovava negli affreschi della basilica di San Pietro in Vaticano, che sicuramente fu il modello di tutte le decorazioni successive di questo genere. La disposizione delle scene in Sant’Angelo è tuttavia insolita: in genere, infatti, gli episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento venivano raffigurati entrambi nella navata centrale (ciascuno su una delle pareti, ovvero su due registri sovrapposti). La disposizione di Sant’Angelo può essere dovuta alla volontà di far risaltare il ciclo cristologico rispetto a quello veterotestamentario: come l’Antico Testamento è ombra del Nuovo, così gli episodi che lo illustrano vanno visti nell’ombra delle navate laterali, per preparare l’osservatore alla Rivelazione dispiegata invece nella luce della navata centrale.
Il tema principale svolto dagli affreschi è quello dell’abolizione dei sacrifici dell’Antico Testamento operata da Cristo per mezzo della Crocifissione: al tema si riferiscono gli episodi di Caino e Abele, di Noè, di Abramo e Isacco, la cui comprensione è facilitata dal fatto che tali scene erano ripetute spesso negli edifici e commentate altrettanto spesso nei testi. Tuttavia sono presenti anche scene meno frequenti, come quella di Gedeone, che a Sant’Angelo in Formis è per la prima volta rappresentata nell’arte monumentale, anche se esempi precedenti possono essere rintracciati nelle illustrazioni dei manoscritti.
L'influenza dei principali monumenti romani si può notare anche nella serie dei ritratti degli abati, che richiamano i ritratti dei pontefici nei tondi della basilica di San Paolo fuori le mura.
Tra le scene quella della Maiestas Domini è certamente uno dei brani pittorici in cui è maggiormente evidente la formazione bizantina degli autori. Tipico dello stile bizantino è infatti lo schematismo geometrico: ciò si nota a partire dal volto e dalla raffigurazione dei panneggi, in cui la linea spezzata e i cerchi concentrici in corrispondenza delle ginocchia sono unico elemento dinamico dell'immagine. Forte è il contrasto fra le tinte: sia nel Cristo che negli arcangeli i volti sbiancati sono ravvivati dal rosso sanguigno delle gote e dagli aspri contrasti delle vesti che accostano azzurri intensi, gialli e rossi. A questi contrasti cromatrici corrispondono le espressioni concitate dei personaggi.

Bibliografia[modifica | modifica sorgente]

  • X. Barral i Altet, Le pavement médiéval de l’église de Sant’Angelo in Formis (Campanie), in Mosaïque. Recueil d’hommage a Henri Stern, Paris 1982, pp. 55-60.
  • F. de’ Maffei, Sant’Angelo in Formis, I. Il complesso monastico e il committente nell’ambito del primo romanico campano, in Commentari, XVII, 1976.
  • F. de’ Maffei, Sant’Angelo in Formis, II. La dicotomia tra scene dell’Antico Testamento e l’originario ceppo bizantino , in Commentari, XVIII, 1977.
  • A. Moppert-Schmidt, Die Fresken von S.Angelo in Formis, Zürich 1967.
  • O. Morisani, Gli affreschi di Sant’Angelo in Formis, Napoli 1962.
  • F. Olevano, A. Paribeni, M. Grandi, Il pavimento di Sant'Angelo in Formis, in Atti del IV colloquio AISCOM, Palermo 1996, pp. 621-636.
  • V. Pace, La Campania, Milano 1997.
  • P. Parente, La basilica di Sant'Angelo in Formis e l'arte del secolo XI,S. Maria Capua Vetere 1912.
  • H. Toubert, Un’arte orientata. Riforma gregoriana e Iconografia, Milano, Jaka Book, 2001.
  • J. Wettstein, Sant’Angelo in Formis et la peinture médiévale en Campanie, Gèneve 1960.
  • J. Wettstein, Les fresques de Sant'Angelo in Formis et la question byzantine en Campanie, in CARB, Ravenna 1967, pp. 393-425.

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